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“Profumo di Chanel”, storia di 565 miliardi di titoli Usa falsi e di vecchi nomi che riemergono

Elio Ciolini non si sentiva parlare da anni. Era il 2005 e il suo nome si era legato a contatti che esponenti dell’estrema destra italiana avevano cercato a Bruxelles per trovare fondi con cui finanziare attività non meglio definite. Ma il suo nome viene associato a ben altre vicende, come i depistaggi sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e sulla sparizione dei giornalisti italiani Italo Toni e Graziella De Palo, scomparsi da Beirut un mese più tardi. Oltre ad aver predetto a più cicli, tra l’inizio degli anni Novanta e il decennio successivo, altri attentati.

Ora invece torna a far parlare di sé perché la scorsa primavera è stato rinviato a giudizio dal tribunale di Roma per una presunta attività di ricettazione tra Italia, Dubai, Malesia, Londra e la Svizzera. Le ipotesi di reato formulate dalla Procura della capitale – ed estese ad altre sette persone – raccontano infatti di una associazione a delinquere che avrebbe prodotto e venduto “almeno” trentotto titoli di credito del Tesoro americano, gli International bill of exchange, in sigla, Iboe. Di questi, a metà 2010, la guardia di finanza di Roma ne aveva recuperati venti per «un valore complessivo di 565 miliardi di dollari Usa».

In questa vicenda Ciolini ci sarebbe finito dentro «procacciando clienti per conto dell’organizzazione» e il suo ruolo non sarebbe stato apicale. Più rilevante invece quello di altri finiti nella rete degli inquirenti romani. Tra loro c’è Vittore Pascucci, nato 73 anni fa a San Bartolomeo in Galdo (Benevento) e residente a Roma, che sarebbe stato il «promotore, costitutore e organizzatore dell’associazione impartendo le direttive necessarie per il conseguimento degli obiettivi prefissi e quindi punto di riferimento degli associati».

Se Pascucci andrà a rito ordinario con Ciolini, in questa vicenda hanno già patteggiato altre persone. Tra queste Nino Sobrero, 50 anni, lo statunitense Jonathan Todd Clinard, 48 anni, Stefano Loy, 50, Tiziana Scordo, 47, Fabrizio Mori, 50, e Roberto Biasizzo, 39. A vario titolo sono loro che – hanno ricostruito magistrati e fiamme gialle – avrebbero fornito i titoli falsi, trattato la loro vendita in vari continenti, fatto da referenti per istituti bancari mediorientali e asiatici e procacciato clienti. In tutto senza le autorizzazioni dell’organo di vigilanza.

L’indagine nasce alla fine del 2008 e all’inizio dell’estate 2010 una informativa del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza può tracciare la fisionomia dell’organizzazione a cui aderiscono soggetti che per lo più hanno precedenti per reati simili. Oltre ai trentotto Iboe documentati nell’inchiesta, ne sono stati sequestrati altri dodici per un valore di 83,5 miliari di dollari. Quasi due anni di indagini, fatte di di intercettazioni, pedinamenti, controlli doganali, accertamenti internazionali e perquisizioni, ricostruiscono un quadro che poteva arrivare a “intossicare” i mercati finanziari ben oltre quanto avvenuto.

Perché – si legge ancora nelle carte delle magistratura – chi aderiva a questo progetto si stava dando parecchio da fare per entrare nelle buone grazie di pezzi da novanta della finanza. Vediamo cosa si legge in un’intercettazione dell’ottobre 2008 tra il mediatore Stefano Loy e Sobrero (che aveva affidato a Pascucci il compito di collocare «al meglio presso primari istituti» i titoli tossici).

Loy: allora io gli ho detto (a Ciolini, ndr) per noi per quanto ci concerne sono buoni… Ok?
Sobrero: sì sì sì.
Loy: gli ho detto comunque, fai tu le tue verifiche che devi fare nel senso… Allora mi dice guarda se sono buoni in questo momento lo
porto direttamente… Me li prende tutti Profumo (Alessandro Profumo, ai tempi amministratore delegato del gruppo Unicredit, ndr) perché gli salvo il culo…
Sobrero: eh, infatti.
Loy: e ha detto se sono buoni ti porto… Andiamo perché mi deve dei favori… Adesso mi dovrebbe degli altri, se sono buoni gli ho detto e lì non c’è… Non c’è… Non c’è storia cioè nel senso che quello che vogliamo prendiamo… Perché gli pariamo il culo perché sennò salta.
Sobrero: ah certo certo …(incomprensibile, ndr) salvare l’Unicredit sarebbe il massimo.

A Ciolini sarebbe stata affidata la verifica sui titoli («allora confermato per quello che tu sai [...], io ho già preso contatto per l’amico tuo canadese, per intenderci…», dice a Stefano Loy in una conversazione intercettata nell’ottobre 2008) e l’obiettivo è quindi quello di arrivare a trattare direttamente con Profumo, chiamato spesso “Coco Chanel” nelle telefonate tra le persone coinvolte. Sembra cosa fatta, ma poi non tutto va secondo i piani. Si dicono Sobrero e Loy il

14 ottobre 2008:

Loy: Coco Chanel, come vuoi chiamarlo, è nella peste più nera.
Sobrero: ah.
Loy: nel senso che lui ha due tipi di problemi, uno che è Geronzi che non sa come fare a toglierselo dai coglioni…
Sobrero: ah, Geronzi, sì.
Loy: due, la famosa ricapitalizzazione Sicav… Sicav lussemburghese fatta sulla borsa di Londra.
Sobrero: sì sì.
Loy: è stata fatta con dei titoli del “Bundes reich”.
Sobrero: e la Madonna!
Loy: bene, dati da uno che si è spacciato per il figlio del “Ales Elasie” (…) il quale adesso sta apparendo su tutti i giornali italiani per farsi pubblicità (…) e la stampa sotto che sta cercando di capire da dove questo ha trovato ischei.
Sobrero: ho capito.
Loy: quindi anche lui sarebbe disposto a prenderne due (di Ibeo, ndr). Lui ci dà una cifra minore, ci darebbe un 15%…

Vittore, Fabrizio & Silvio

Se la presunta trattativa con Unicredit procede a fasi alterne e comunque sembra destinata ad arenarsi, a fine novembre 2008 sono altri i nomi grossi che si fanno per dare maggior credito all’operazione. Pascucci infatti chiama Loy per dirgli: «ho l’appuntamento con Profumo lunedì».

Loy: e perché non l’hai visto oggi?
Pascucci: no, sono andato da Cicchitto (Fabrizio, pdl, ndr) oggi (…). L’ha chiamato davanti a me, no perché sta al convegno e torna domenica mattina, hai capito?
Loy: ah, ah, ah, e cosa dice il buon Fabrizio?
Pascucci: che se è quello che dicevo io… Non gli ho fatto vedere niente, no? (…). Gli ho fatto vedere solo il contratto di giù (di Dubai, ndr) (…). Ha detto che se è quello che dici tu consideralo già fatto perché dobbiamo solo scegliere il banchiere giusto, comunque lo diceva pure a Silvio.

Contatti veri? Millantatori che, oltre che le banche, cercano di fregarsi anche tra di loro? A stabilirlo saranno le sentenze, ma pare che ci fosse almeno qualche “ex” potente che remava a favore dell’organizzazione. Come Francesco Froio, 77 anni, catanzarese d’origine e torinese d’adozione, il deputato nella sesta e settima legislatura arrestato nel 1993 per le tangenti del Frejus. Sarebbe lui, sempre secondo quanto emerge dalle intercettazioni, a essersi proposto come contatto con Cicchitto, il quale però non avrebbe dimostrato chissà quale entusiasmo per l’operazione. «Cicchitto fa orecchie da mercante, noi ce ne freghiamo!» dice il 5 dicembre 2008 Pascucci a Froio. Il quale assicura: «Io adesso vedo di arrivare a coso, all’Unicredit».

Ma c’è un’altra trattativa importante – forse la più importante – in questa vicenda: il tentativo di vendere titoli a banche di Dubai. Per farlo si sarebbero costituite delle joint venture con due società, l’araba Al Rahba Holding Investment & Trust Company e la Kosmo Seraya Sdn Bhd della Malesia. I profitti derivanti dalle operazioni sarebbero poi transitati da conti correnti dello Ior (la banca vaticana) intestati a una fondazione, la Ivec – In veritate et charitate, gestita da monsignor Francesco Cuccarese, mentre una parte dei proventi era indirizzata a un altro religioso, monsignor Bruno Guiotto. Quando Pascucci racconta al telefono a Loy di questa trattativa, per contestualizzarla gli dice che «è sempre dall’altra parte del Tevere» che deve guardare.

Ma poi si presenta un problema. Il 21 novembre 2008 Pascucci, di rientro da Dubai, viene fermato a Fiumicino dalla guardia di finanza che gli trova 12 titoli sospetti e uno dei contratti per la creazione delle joint venture. Se non sembra serpeggiare particolare preoccupazione per il sequestro, un po’ di maretta comunque c’è, tanto che monsignor Guiotto avrebbe chiamato per informarsi della situazione e gli altri devono darsi da fare per «concordare un po’ la linea di comportamento». Cambiano alcuni numeri di telefono, si lavora per produrre documentazione che faccia proseguire le trattative e bisogna parare il colpo con «gli americani che si sono spaventati, adesso stanno diventando aggressivi, hanno preso paura».

A fronte di qualche problema di liquidità, Ciolini trova un «canale che ce lo fa arrivare alla Banca of America», mentre sembra che la situazione proceda più rapida con una filiale di Cuneo della Finanza & Futuro Banca del gruppo Deutsche Bank, tanto che il 15 giugno 2010 la guardia di finanza sequestra i documenti che attestano qui il deposito di un po’ di titoli. A questa data una cosa è certa per gli investigatori: non solo le negoziazioni in essere stanno proseguendo, ma ne stanno nascendo di nuove.

Dunque, «senza alcuno scrupolo evidente, strutturano operazioni completamente prive di garanzia alla clientela che viene attirata presumibilmente dalle offerte commerciali convenienti nonché rassicurata dall’apparente affidabilità e professionalità trasmessa dai vari membri dell’organizzazione». E il rischio è quello di «destabilizzare il comparto del pubblico risparmio». Questo, almeno, in base a quanto hanno ricostruito gli inquirenti. Ora la parola passa al processo.

Box – Professione depistatore

Elio Braccioni Ciolini viene così descritto dalla richiesta d’arresto firmata nel luglio 2010 dal sostituto procuratore della Repubblica di Roma Stefano Fava e dall’aggiunto Alberto Caperna: «Nato a Firenze il 18 agosto 1946 e anagraficamente ivi residente (…), a suo carico sono stati ritrovati numerosi riscontri (…) e risulta censito anche come Ciolini Elio (…) e come Rivera Sanchez Bruno Raul, nato in Perù il 18 agosto 1951. Arrestato diverse volte per truffe e denunciato per reati contro la persona, bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto e violazione del divieto di espatrio».

Ma soprattutto – si legge più avanti – «noto alle cronache quale “depistatore” nelle indagini sulla strage alla stazione di Bologna nonché soggetto che avrebbe segnalato il progetto dell’attentato a Berlusconi. Nella vicenda (dei titoli di Stato americani falsi, ndr) si presenta quale “generale Bruni”, asserito alto ufficiale dichiaratamente in grado di intrattenere rapporti di altissimo livello con l’intelligence statunitense e araba e con istituzioni del mondo militare e civile, in particolar modo istituti di credito».

Se un anno fa, dunque, millantava il grado di generale, negli anni Ottanta Ciolini si era presentato con quello di colonnello (si faceva chiamare colonnello Bastiani) alla banda belga di Patrick Haemers, specializzata nell’assalto a furgoni portavalori. Ciolini-Bastiani, raccontano varie ricostruzioni giudiziarie, vi si era infiltrato proprio nel periodo in cui la potenza di fuoco del gruppo cresceva e virava verso un celebre sequestro di persona. Quello, avvenuto nel 1989,dell’ex primo ministro socialista Paul Vanden Boeynants per la cui liberazione il riscatto fu pagato da Israele (benché sia rimasto il sospetto che si potesse trattare di un autosequestro).

Descritto dal generale Nino Lugaresi, subentrato ai vertici del Sismi dopo lo scandalo P2 che aveva coinvolto il suo predecessore, Giuseppe Santovito, come un «esecutore di ordini altrui e uomo legato a Gelli», nel 1982 Ciolini parlò dell’attentato del 2 agosto di due anni prima che fece 85 morti e più di 200 feriti. Si trovava nel carcere svizzero di Champ Dollon e, come avevano fatto Licio Gelli, Santovito e Francesco Pazienza, tentò di indirizzare le indagini verso “piste internazionali” che comprendevano tangenti Montedison, Commissione Trilaterale e la loggia di Montecarlo, che in base alle sue affermazioni sarebbe stata la vera mandante della strage di Bologna.

Tutto falso, stabilirono gli inquirenti, e dello stesso tenore furono ritenute le sue affermazioni sul caso Toni-De Palo. I giornalisti – raccontò – erano stati fatti sparire per ordine di un politico italiano visto a un vertice in Libano per la cessione di partite d’armi. Calunnia e falso aggravato le accuse che gli mossero Gianni De Michelis, allora ministro per le partecipazioni statali, e Claudio Martelli.

Non pago, Ciolini a inizio anni ’90 sostenne l’esistenza di un progetto golpista in Italia orchestrato in Jugoslavia da massoni e mafiosi. E ancora nel 2001 parlò di un piano per uccidere il premier Silvio Berlusconi, oltre che di altri attentati da compiere in varie città italiane.

(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di luglio 2011 del mensile La voce delle voci)

» antonella.beccaria.org
» www.lavocedellevoci.it

Bron: 7 Jul 2011 | La voce delle voci - Luglio 2011

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Getuige Graanoogst over Bouterse: "Ik geloof hem op zijn woord, totdat het anders zou blijken" 

De getuige a decharge Ivan Graanoogst is er heilig van overtuigd dat de hoofdverdachte in het 8 decemberstrafproces en tevens de toenmalige legerleider Desi Bouterse de trekker op 08 december 1982 niet heeft overgehaald. "Ik geloof hem op zijn woord, totdat het anders zou blijken", aldus Graanoogst. ‘Op uw vraag of de legerleiding verantwoordelijk is, dat hebben zij nooit ontkend. Maar hebben zij de trekker overgehaald? Dat wordt nu onderzocht door jullie’, gaf Graanoogst die nu secretaris-generaal is op het kabinet van president Bouterse, aan de Krijgsraad te kennen. Volgens deze getuige heeft hij Bouterse onlangs nog op de man af gevraagd of hij opdracht gegeven had en geschoten had. Bouterse antwoordde resoluut neen.

In 1982 was Graanoogst minister van Leger en Politie. Toen hij hoorde over de gebeurtenissen op 08 december 1982, adviseerde hij de overige ministers om ook hun portefeuille ter beschikking te stellen, wat ook gebeurde. ‘Hoe is het mogelijk geweest dat geen van de Inlichtingendiensten van u (Graanoogst was minister van Leger en Politie, red.) info had over een op handen zijnde dreiging vanuit buiten’,vroeg de auditeur-militair aan deze getuige. Graanoogst: ‘We waren in de kinderschoenen bij het opzetten van de Inlichtingendiensten.’ Daarnaast was het zo dat het Surinaams leger pas een jaar of zeven bestond. De auditeur-militair attendeerde Graanoogst erop dat Bouterse bij de rc verklaard had dat hij over informatie beschikte dat er een dreiging van buiten op komst was. Volgens deze getuige had Bouterse zijn eigen inlichtingendienst. De auditeur-militair hield Graanoogst ook voor dat Bouterse eveneens bij de rc verklaarde dat er een draaiboek was over het oppakken van bepaalde mensen. Het was alleen nog niet duidelijk wat met deze mensen zou gebeuren.

Volgens Graanoogst keurde hij het helemaal af dat de gevangen genomen burgers werden doodgeschoten. Als hij in die positie was, had hij de mensen gearresteerd en berecht. Graanoogst zei gisteren dat door Bouterses optreden de vakbondsleider Fred Derby werd vrijgelaten. Dat was niet gemakkelijk gegaan. "Maar toen Derby wegging, waren er nog mensen in Fort Zeelandia die nog in leven waren", hield de Krijgsraad Graanoogst voor. Hierbij werden de namen van Hoost, Wijngaarde en Riedewald genoemd. ‘Waarom heeft hij deze drie niet kunnen redden?’, vroeg de Krijgsraad aan deze getuige a decharge. "Oh, dat wist ik niet. Dat is een verrassing voor mij", aldus Graanoogst. Derby verklaarde bij de rechter-commissaris dat hij tenminste drie personen levend had achtergelaten toen hij Fort Zeelandia verliet. Dit heeft hij ook eerder in de media gezegd.

Graanoogst merkte hierna op dat de toenmalige bevelhebber kennelijk geen overwicht meer had op de situatie. Hij legde uit dat Bouterse aan de toenmalige procureur-generaal René Reeder gevraagd had om een onderzoek in te stellen. "Het mysterieuze rapport zou in een kluis van DSB-Bank zijn, maar het is intussen verdwenen", aldus de Krijgsraadpresident.

Bron: www.dbsuriname.com | 8 maart 2011

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Over Suriname (maar vroeger) :

DEPARTMENT OF STATE
WASHINGTON
June 9, 1971

MEMORANDUM FOR THE PRESIDENT
Subject: U.S. Bauxite Investment in the Caribbean

( ... ) 

(3) Surinam. In Surinam we have stressed to the Government U.S. policy regarding foreign private investment and the advantages for a developing country of a favorable investment climate. Alcoa currently has investments of approximately $250 million in Surinam. Reynolds Metals and the Government of Surinam signed on July 22, 1970, a 50–50 joint venture agreement for production of bauxite, alumina and--eventually--aluminum in West Surinam. The Surinam Government apparently views this new agreement as a model for the future.

Alcoa, which has operated in Surinam for many years and is interested in expanding its operations there, seems strongly opposed to any change in its current arrangements (100% ownership, and a lower tax bite than Reynolds has agreed to) with the government. Board Chairman Harper has expressed concern to us that there is a threat of expropriatory action by the Surinam Government, in the absence of a strong public stand by the U.S. Government regarding Burnham's actions in Guyana. This is not consistent with our understanding of the situation.

In response to our Consul General's recent representations to the government on the U.S. position regarding private foreign investment, Surinam's Minister-President has replied that he agrees with the U.S. position, that he disapproves of Burnham's actions, that both his party and the principal opposition party oppose expropriation, but that future foreign investment in bauxite would have to be under joint venture arrangements. He also stated that some change in Alcoa's tax arrangements, to bring them into line with Reynolds, would be in order. He repeated this position in a talk with Deputy Under Secretary Samuels on May 18. Under existing contract, Alcoa's present tax rate is fixed until 1988. The challenge to the status quo for Alcoa, therefore, does not originate from expropriation efforts by the government, but from Reynolds' demonstrated willingness to respond to Surinam's desire for investment on terms more favorable to the government than Aloca presently offers.

( ... )

» history.state.gov

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Niets nieuws over/van Insider ?

Bouterse vraagt vergeving Decembermoorden

Desi Bouterse gaat na zijn inauguratie als president van Suriname publiekelijk om vergeving vragen voor de Decembermoorden. Dat heeft althans zijn geestelijk leider, bisschop Steve Meye, woensdag in het programma Dit is de dag van Radio 1 gezegd. (...)

Bron » www.telegraaf.nl

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(527 replies, posted in Hypotheses)

‘Bouterse bleef in drugscircuit’

Desi Bouterse is ook na zijn veroordeling in Nederland in 1999 betrokken gebleven in het internationale drugscircuit. Dat schrijft NRC Handelsblad zaterdag op basis van uitgelekte Amerikaanse diplomatieke stukken. De huidige president van Suriname zou onder meer banden hebben gehad met drugsbaron Shaheed ‘Roger’ Kahn uit buurland Guyana.

Volgens diverse inlichtingenbronnen uit 2006 kreeg Bouterse via Kahn de middelen om zijn inkomen aan te vullen met drugshandel. De twee zouden elkaar meerdere keren hebben ontmoet in Suriname en Guyana, ondanks een internationaal opsporingsbevel.

Kahn en Bouterse smokkelden volgens de stukken onder meer wapens voor de Colombiaanse rebellenbeweging FARC in ruil voor drugs. Ook zouden ze betrokken zijn bij verschillende moorden en geplande moorden in eigen land, waarbij huurmoordenaars werden gebruikt.

Kahn werd in 2006 gearresteerd. Hij zit inmiddels een celstraf van dertig jaar uit in de Verenigde Staten. Bouterse, die vorig jaar tot president werd gekozen, werd in 1999 veroordeeld tot elf jaar cel voor cocaïnesmokkel.

Bron » www.libelle.nl | 22 Januari 2011

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Een nieuw boek: America's Nazi Secret: An Insider's History
John Loftus (Author)
Publisher: TrineDay LLC
ISBN: 13: 978-1-936296-04-0: 10:1-936296-04-7

John Loftus's America's Nazi Secret could not have come at a more appropriate time. Just a few weeks ago a 600-page report was released concerning a secret history of the USA's government's involvement of the creation of a "safe haven" in the USA for hundreds of Nazis and their collaborators after World War II- a report which the Justice Department had attempted to keep secret for four years. (...)

Loftus devotes much ink to a Wall Street attorney, Frank Wisner who after World War II had the job of planning an underground network of commando units to combat Communism in Europe.

Note: dans la famille Wisner, le père et le fils qui nous intéresse portent le même nom!

Frank Gardiner Wisner
Bron » wikipedia.org

Frank Gardiner Wisner (23 juin 1909 - 29 octobre 1965) fut directeur des opérations de l'Office of Strategic Services (OSS) en Europe du Sud. Il devint directeur de la planification lorsque l'OSS devint CIA, ce qui faisait de lui de facto le chef des réseaux stay-behind de l'OTAN.

Il épousa Mary Knowles Fritchey dont il eut quatre enfants : l'ambassadeur Frank G. Wisner , Ellis Wisner, Graham Wisner et Elizabeth 'Wendy' Hazard. Il sombra dans la folie et se serait suicidé.

The Power Elite: Enron and Frank Wisner
Bron » www.apfn.org

On 28 October 1997, Enron Corporation announced the entry of Frank G. Wisner Jr. onto its board of directors. Most of the business press did not find this untoward and it certainly did not emerge as part of the US discussions on corruption at the highest level. Frank Wisner, as we know in India, was the US Ambassador from 1994 until this year and his entry into Enron must be seen in light of the scandal of Dabhol. Enron, like most US corporations, uses its close association with the state (both its elected and bureaucratic arms) for its own ends. ( ... )

Frank G. Wisner, Jr. Vice Chairman, American International Group » www.sourcewatch.org

Frank G. Wisner
Bron » wikipedia.org

Frank George Wisner II (born 1938) is an American businessman and former diplomat. He is the son of Frank Wisner. Wisner was Vice Chairman of American International Group. He retired from this post as of February 13, 2009, according to an internal AIG memo issued by Edward Liddy, CEO. ( ... )

After retiring from government service in 1997, Wisner joined the board at a subsidiary of Enron, the former energy company. He is also on the board of Hakluyt & Company, a British corporate investigation firm. Wisner is married to Christine de Ganay (former wife of Pal Sarkozy and former stepmother of French president Nicolas Sarkozy), and they have four children.

FYI » www.lemonde.fr

Quand la CIA protégeait les anciens nazis
Bron: LEMONDE.FR avec AFP | 15.11.10 | 11h16  •  Mis à jour le 15.11.10 | 14h

John Demjanjuk, accusé de complicité d'assassinats de 27 900 juifs au camp de Sobibor en 1943, devant la cour d'assises de Munich, le 20 avril 2010.
John Demjanjuk, accusé de complicité d'assassinats de 27 900 juifs au camp de Sobibor en 1943, devant la cour d'assises de Munich, le 20 avril 2010.AP/Tobias Hase
Depuis 1945, les Etats-Unis se sont présentés comme un havre pour les victimes du nazisme. Un rapport secret du département de la justice sur la traque des anciens nazis par les autorités américaines après la seconde guerre mondiale montre que c'était également le cas pour d'anciens dignitaires du régime national-socialiste. Il affirme que les services de renseignement américains ont créé un "refuge" pour les nazis et leurs collaborateurs, rapporte le New York Times.

La collaboration de la CIA avec d'anciens nazis n'est pas un sujet nouveau. Le quotidien affirme que le rapport de 600 pages dont il a obtenu une copie évoque des décennies de conflits avec d'autres pays sur le sort de criminels de guerre détenus aux Etats-Unis et à l'étranger.

Le document évoque notamment une aide apportée en 1954 par des responsables de la CIA à Otto von Bolschwing, un capitaine SS associé à Adolf Eichmann, responsable de la planification de la "solution finale". Otto von Bolschwing, qui avait contribué à mettre au point les projets initiaux visant à "débarrasser l'Allemagne des juifs", a ensuite travaillé pour la CIA aux Etats-Unis, selon le rapport.

Extrait des actes de la conférence de Wannsee organisant la solution finale.
Bron: REUTERS/THOMAS PETER

Dans une série de notes internes, les responsables de l'agence de renseignement américaine ont notamment débattu de ce qu'il aurait fallu faire si Von Bolschwing était interrogé sur son passé : nier tout lien avec les nazis ou "se justifier en évoquant des circonstances atténuantes", rapporte le New York Times. Après avoir découvert ses liens avec le nazisme, le ministère de la justice avait cherché à l'expulser en 1981, mais il est mort cette même année à l'âge de 72 ans, rappelle le journal.

Parmi une vingtaine de cas recensés, le rapport évoque également celui d'Arthur Rudolph, un scientifique nazi qui gérait l'usine d'armement de Mittelwerk, en Allemagne. Il a été accueilli aux Etats-Unis en 1945 pour ses compétences en matière de construction de fusées dans le cadre d'une opération baptisée "Operation Paperclip", un programme américain de recrutement de scientifiques ayant travaillé en Allemagne nazie. Arthur Rudolph a ensuite été récompensé par la NASA et considéré comme le père de la fusée américaine Saturn V. Le ministère de la justice a empêché la publication du rapport depuis 2006, note le New York Times. Il a finalement été transmis à la presse et à d'autres organisations dans le but d'éviter un procès.

Nazis Were Given ‘Safe Haven’ in U.S., Report Says
Bron: ERIC LICHTBLAU | 13 November 2010 | www.nytimes.com

A secret history of the United States government’s Nazi-hunting operation concludes that American intelligence officials created a "safe haven" in the United States for Nazis and their collaborators after World War II, and it details decades of clashes, often hidden, with other nations over war criminals here and abroad. The 600-page report, which the Justice Department has tried to keep secret for four years, provides new evidence about more than two dozen of the most notorious Nazi cases of the last three decades.

It describes the government’s posthumous pursuit of Dr. Josef Mengele, the so-called Angel of Death at Auschwitz, part of whose scalp was kept in a Justice Department official’s drawer; the vigilante killing of a former Waffen SS soldier in New Jersey; and the government’s mistaken identification of the Treblinka concentration camp guard known as Ivan the Terrible.

The report catalogs both the successes and failures of the band of lawyers, historians and investigators at the Justice Department’s Office of Special Investigations, which was created in 1979 to deport Nazis. Perhaps the report’s most damning disclosures come in assessing the Central Intelligence Agency’s involvement with Nazi émigrés.

Scholars and previous government reports had acknowledged the C.I.A.’s use of Nazis for postwar intelligence purposes. But this report goes further in documenting the level of American complicity and deception in such operations.

The Justice Department report, describing what it calls "the government’s collaboration with persecutors," says that O.S.I investigators learned that some of the Nazis "were indeed knowingly granted entry" to the United States, even though government officials were aware of their pasts. “America, which prided itself on being a safe haven for the persecuted, became - in some small measure - a safe haven for persecutors as well,” it said.

The report also documents divisions within the government over the effort and the legal pitfalls in relying on testimony from Holocaust survivors that was decades old. The report also concluded that the number of Nazis who made it into the United States was almost certainly much smaller than 10,000, the figure widely cited by government officials.

The Justice Department has resisted making the report public since 2006. Under the threat of a lawsuit, it turned over a heavily redacted version last month to a private research group, the National Security Archive, but even then many of the most legally and diplomatically sensitive portions were omitted. A complete version was obtained by The New York Times.

The Justice Department said the report, the product of six years of work, was never formally completed and did not represent its official findings. It cited “numerous factual errors and omissions,” but declined to say what they were. More than 300 Nazi persecutors have been deported, stripped of citizenship or blocked from entering the United States since the creation of the O.S.I., which was merged with another unit this year.

In chronicling the cases of Nazis who were aided by American intelligence officials, the report cites help that C.I.A. officials provided in 1954 to Otto Von Bolschwing, an associate of Adolf Eichmann who had helped develop the initial plans “to purge Germany of the Jews” and who later worked for the C.I.A. in the United States. In a chain of memos, C.I.A. officials debated what to do if Von Bolschwing were confronted about his past — whether to deny any Nazi affiliation or “explain it away on the basis of extenuating circumstances,” the report said.

The Justice Department, after learning of Von Bolschwing’s Nazi ties, sought to deport him in 1981. He died that year at age 72. The report also examines the case of Arthur L. Rudolph, a Nazi scientist who ran the Mittelwerk munitions factory. He was brought to the United States in 1945 for his rocket-making expertise under Operation Paperclip, an American program that recruited scientists who had worked in Nazi Germany. (Rudolph has been honored by NASA and is credited as the father of the Saturn V rocket.)

The report cites a 1949 memo from the Justice Department’s No. 2 official urging immigration officers to let Rudolph back in the country after a stay in Mexico, saying that a failure to do so “would be to the detriment of the national interest.” Justice Department investigators later found evidence that Rudolph was much more actively involved in exploiting slave laborers at Mittelwerk than he or American intelligence officials had acknowledged, the report says.

Some intelligence officials objected when the Justice Department sought to deport him in 1983, but the O.S.I. considered the deportation of someone of Rudolph’s prominence as an affirmation of “the depth of the government’s commitment to the Nazi prosecution program,” according to internal memos.

The Justice Department itself sometimes concealed what American officials knew about Nazis in this country, the report found. In 1980, prosecutors filed a motion that “misstated the facts” in asserting that checks of C.I.A. and F.B.I. records revealed no information on the Nazi past of Tscherim Soobzokov, a former Waffen SS soldier. In fact, the report said, the Justice Department “knew that Soobzokov had advised the C.I.A. of his SS connection after he arrived in the United States.”

(After the case was dismissed, radical Jewish groups urged violence against Mr. Soobzokov, and he was killed in 1985 by a bomb at his home in Paterson, N.J. ) The secrecy surrounding the Justice Department’s handling of the report could pose a political dilemma for President Obama because of his pledge to run the most transparent administration in history. Mr. Obama chose the Justice Department to coordinate the opening of government records.

The Nazi-hunting report was the brainchild of Mark Richard, a senior Justice Department lawyer. In 1999, he persuaded Attorney General Janet Reno to begin a detailed look at what he saw as a critical piece of history, and he assigned a career prosecutor, Judith Feigin, to the job. After Mr. Richard edited the final version in 2006, he urged senior officials to make it public but was rebuffed, colleagues said.

When Mr. Richard became ill with cancer, he told a gathering of friends and family that the report’s publication was one of three things he hoped to see before he died, the colleagues said. He died in June 2009, and Attorney General Eric H. Holder Jr. spoke at his funeral.
“I spoke to him the week before he died, and he was still trying to get it released,” Ms. Feigin said. “It broke his heart.”

After Mr. Richard’s death, David Sobel, a Washington lawyer, and the National Security Archive sued for the report’s release under the Freedom of Information Act. The Justice Department initially fought the lawsuit, but finally gave Mr. Sobel a partial copy — with more than 1,000 passages and references deleted based on exemptions for privacy and internal deliberations. Laura Sweeney, a Justice Department spokeswoman, said the department is committed to transparency, and that redactions are made by experienced lawyers.

The full report disclosed that the Justice Department found “a smoking gun” in 1997 establishing with “definitive proof” that Switzerland had bought gold from the Nazis that had been taken from Jewish victims of the Holocaust. But these references are deleted, as are disputes between the Justice and State Departments over Switzerland’s culpability in the months leading up to a major report on the issue. Another section describes as “a hideous failure” a series of meetings in 2000 that United States officials held with Latvian officials to pressure them to pursue suspected Nazis. That passage is also deleted.

So too are references to macabre but little-known bits of history, including how a director of the O.S.I. kept a piece of scalp that was thought to belong to Dr. Mengele in his desk in hopes that it would help establish whether he was dead. The chapter on Dr. Mengele, one of the most notorious Nazis to escape prosecution, details the O.S.I.’s elaborate efforts in the mid-1980s to determine whether he had fled to the United States and might still be alive.

It describes how investigators used letters and diaries apparently written by Dr. Mengele in the 1970s, along with German dental records and Munich phone books, to follow his trail. After the development of DNA tests, the piece of scalp, which had been turned over by the Brazilian authorities, proved to be a critical piece of evidence in establishing that Dr. Mengele had fled to Brazil and had died there in about 1979 without ever entering the United States, the report said. The edited report deletes references to Dr. Mengele’s scalp on privacy grounds.

Even documents that have long been available to the public are omitted, including court decisions, Congressional testimony and front-page newspaper articles from the 1970s. A chapter on the O.S.I.’s most publicized failure — the case against John Demjanjuk, a retired American autoworker who was mistakenly identified as Treblinka’s Ivan the Terrible — deletes dozens of details, including part of a 1993 ruling by the United States Court of Appeals for the Sixth Circuit that raised ethics accusations against Justice Department officials.

That section also omits a passage disclosing that Latvian émigrés sympathetic to Mr. Demjanjuk secretly arranged for the O.S.I.’s trash to be delivered to them each day from 1985 to 1987. The émigrés rifled through the garbage to find classified documents that could help Mr. Demjanjuk, who is currently standing trial in Munich on separate war crimes charges. Ms. Feigin said she was baffled by the Justice Department’s attempt to keep a central part of its history secret for so long. “It’s an amazing story,” she said, “that needs to be told.”

This article has been revised to reflect the following correction:

Correction: November 14, 2010
An earlier version misspelled the given name of Adolf Eichmann as Adolph.

Documents Shed Light on C.I.A.'s Use of Ex-Nazis
Bron » www.nytimes.com

By SCOTT SHANE
Published: June 6, 2006

CIA's Support to the Nazi War Criminal Investigations
A Persistent Emotional Issue
Bron » www.cia.gov

The story of escaped Nazis after the collapse of the Third Reich in 1945 has long gripped novelists and Hollywood screenwriters and provided the grist for such box office hits as The Boys From Brazil and The ODESSA File. Since the 1970s, the topic has also provided steady fare for historians and journalists anxious to explore supposed cabals between American intelligence agencies and such personalities as Josef Mengele, the "Angel of Death" at Auschwitz, and former Austrian President Kurt Waldheim, a German intelligence officer in the Balkans during World War II. (...)